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CLASSICS REWIEW 

 

 

Clepsydra “Fears” (Insideout-1997)

I Clepsydra sono un gruppo svizzero che si aggira nel mondo prog sin dall’anno 1982 grazie alla fusione di un trio formato da Lele Hofmann, Max Pellegrini  e Andy Thommen e dalla band ‘Angel Eyes’ composta da Philip Hubert e Pietro Duca. Dopo notevoli apparizioni in Side Project fra cui gli ottimi ‘Delta Prophecy’ arriviamo all’anno 1991 dove i nostri, nello studio di Marco Zappa, danno alla luce il loro vero e proprio primo long playing dal titolo ‘Hologram’.

In seguito qualche partecipazione a compilation e nel 1983 eccoli sfornare  il maxi – single CD ‘Flyman’ dove partecipa pure il vocalist e chitarrista dei Pendragon Nick Barret nella canzone ‘Moonshine On Heights’. E’ il 1994 ed i Clepsydra compongono il loro vero secondo CD ‘More Grains’ , ma dopo questo breve accenno storico passerei all’ultimo disco da loro composto dal titolo ‘Fears’. Apre il CD ‘Soaked’ con un bellissimo arpeggio che ci conduce in un brano debitore ai migliori Marillion ricco di cambi di tempo ed ottimi assoli chitarristici. Da brivido lo stacco iniziale di ‘The Missing Spark’ brano che non si discosta molto dal precedente anche  lui della notevole durata di 9 minuti. (Che belle atmosfere sanno creare le tastiere di Philip Hubert!). A seguire la dolce ‘Into My Catoon’ introdotta dalla voce di Aluisio Maggini che duetta con il piano per poi avventurarsi in un brano ottimamente orchestrato. ‘The Age Of Glass’ all’inizio potrebbe essere benissimo cantata da Fish e nulla ci sarebbe di strano. Con questo non si vuole dire che i Clepsydra copino paro paro i Marillion, anche perché questo è un discorso antico che valeva pure per loro nei confronti dei Genesis, ricordate? Insomma hanno veramente pure molta farina del proprio sacco. E in ogni caso è chiara la matrice melodica del gruppo relativa ad un sound molto progressive anni ottanta. Nel quinto brano ‘Fearless’ possiamo pure accostarli ai Jump. Mentre in ‘Daisies In The Sunshine’ ci lasciamo accarezzare dagli accordi di Marco Cerulli per un brano intimista di sola chitarra. Il CD scorre veramente con piacere ed un canto di uccelli ci accoglie in ‘The Cloister’ brano anche questo di una melodia disarmante. Nei quasi 9 minuti di ‘The Nineteenth Hole’ non possiamo fare altro che ricollegarci ai primi due brani del CD. La pianistica ‘Sweet Smelling Wood’ ci porta al brano finale dell’opera ‘Fear’ della durata di 11 minuti. Insomma il mio consiglio è il seguente: se vi dovessero capitare tra le mani non fateveli sfuggire o almeno dategli un ascolto.

(Salari Max)

                                                                           

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