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METAL WORLD REWIEW
Gigantesco ritorno per la più grande rock band vivente! Il problema dei Rush è uno solo: sono così grandi, ma così grandi, che spesso li dimentichiamo, sommersi come siamo da cento uscite settimanali e da mille generi diversi che il business cerca di imporre. Ed invece loro, i tre canadesi, ieri ragazzi di talento, oggi splendidi e maturi musicisti non cercano la ribalta, non ambiscono a scintillanti vetrine, hanno un unico e grande amore, la musica. La loro musica ovviamente, fatta di evoluzioni originali ed inimitabili, con quelle sonorità che si reinventano disco dopo disco, ma che in effetti portano un marchio indelebile. I Rush sono così al di sopra delle parti, da apparire dei marziani, una band di un'altra galassia che di tanto in tanto decide di fare visita, a noi poveri mortali. E d'altronde se i Dream Theater (che molti definiscono gli eredi dei Rush), non hanno mai nascosto di vedere nel trio canadese la più grande rock band del mondo, un motivo deve pur esserci. Se escludiamo i progetti esterni Victor, del chitarrista Alex Lifeson ed il solista di Geddy Lee "My Favorite Headache", il gruppo non era sul mercato dal 1996 con la gemma "Test For Echo" e questo album arriva dopo un silenzio dovuto anche ad un periodo di riabilitazione per il batterista-poeta Neil peart, autore come sempre di tutte le liriche del disco, musicate invece dalla coppia Lee/Lifeson. L'apertura del disco è straordinaria, con un trittico micidiale, 'One Little Victory', 'Ceiling Unlimited' e 'Ghost Rider', con un suono ridondante, magistralmente prodotto dalla band e da Paul Northfield, fatto di energia e vitalità, ma anche tecnologia e con un recupero della melodia, elemento che in passato il trio aveva parzialmente accantonato. Seguono poi canzoni di una bellezza assoluta, sempre in bilico tra modernità e tradizione, come dimostrano le altalene armoniche di 'Peaceable Kingdom', 'The Stars Look Down', i ricami preziosi di 'How It Is', 'Earthshine' e 'Nocturne' e le composizioni oblique di 'Freeze Part IV of Fear', 'Out Of The Cradle'. A sorprendere nei Rush è tutto, dallo stile inossidabile, alla scrittura dei brani, incredibilmente fresca, come se il tempo non fosse mai passato, ed invece sono esattamente trenta anni che i Rush ci regalano dischi fenomenali, senza mai una sola caduta di tensione. Una band eterna, che si conferma al meglio della forma, con quello che per me è, ad oggi, il disco dell'anno! Rush: quando genio e concretezza camminano insieme! (GDC)
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