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METAL WORLD REWIEW

 

AA.VV. 'Heavy metal Rebellion

KINGS EVIL

HERMANO

SIDEBURN

NIGHT CLOUD

PAWNSHOP

KELLY SIMONZ'S BLINDFAITH( + audio clip)

ZOOL

THE SPITFIRES

THE SPACE COWBOYS

THE MAKERS

 

 

 

AA.VV. 'Heavy metal Rebellion' (Gun/Audioglobe)
Non posso dire di essere innamorato del metal tedesco, troppo rigido e geometrico per i miei gusti, anche se è giusto dire che la scena teutonica ha il grandissimo pregio di aver tenuto in vita il genere, negli anni oscuri del grunge e, soprattutto, di essere un mercato sempre attivo e che permette investimenti economici che poi rivitalizzano l'intera Europa. Questa raccolta fotografa in modo sintetico i dieci anni di vita della Gun, un'etichetta meno banale di quello che si potrebbe pensare. Tra i suoi affiliati troviamo infatti, oltre ai classici Rage, Grave Digger e Running Wild, anche Sodom, Kreator e Forbidden. In questo doppio album ascoltiamo classici e qualche rarità ed incontriamo anche nomi minori come Hate Squade, Thunderhead e Depressive Age, c'è un brano dei potenti Doctor Butcher, il progetto terrificante di Jon Oliva dei Savatage del 1994 e ben quattro di Onkel Tom Angelripper, una specie di star tedesca di rock sporco e graffiante. Manca invece gli House Of Spirits, probabilmente la band migliore mai uscita dal cilindro della Gun Records. A livello grafico si poteva fare di più, ma il prezzo ridotto è un buon viatico per invogliare i curiosi. (GDC)

KINGS EVIL 'Deletion Of Humanoise' (Spinefarm/Audioglobe)
Nati a Tokyo nel 1989, per mano dei fratelli Yamada, i Kings Evil arrivano in Europa dopo aver devastato la scena locale con il loro thrash metal cacofonico fatto di pura distruzione, in pieno orgasmo sonoro stile Slayer/Kreator/Sodom, ma se possibile con un approccio ancora più potente. La forza di questo album è che dura solo 35 minuti e non credo che un essere umano possa reggere oltre la violenza di questa band, che non vuole scrivere canzoni, non è interessata alle composizioni, ma ha come unico scopo stordire l'ascoltatore, anche grazie alle urla belluine di Wataru Yamada. Probabilmente si può suonare più veloci e a volume più alto dei Kings Evil, ma la loro attitudine è così reale che 'Victim Of hate', 'Detonation', 'False Pride', 'Punish With death' sono attacchi frontali all'ascoltatore, a cui è difficile reggere. In chiusra la devastante 'Scream', non una canzone, ma un urlo di dolore, lo stesso solore lancinante che ho provato per la perdita dello scudetto della mia Inter! Forse non brilleranno per originalità questi Kings Evil, ma sicuramente hanno un forte potere terapeutico! (GDC)

HERMANO 'Only A Suggestion' (Tee Pee/W'n'B)
Questo progetto, guidato da John Garcia, ex cantante dei Kyuss, reduce anche dalle esperienze con Unida e Slo Burn, è stato in cantiere più di un anno, tanto che si pensava ad un suo definitivo accantonamento. Ma alla fine la Tee Pee Records ha preso coraggio e così in meno di trenta minuti ascoltiamo il risultato della fatica di personaggi abbastanza noti nel giro stoner ed indipendente. Infatti gli Hermano, oltre che su Garcia, poggiano anche su David Angstrom dei Supafuzz, Dandy Brown dei Dandy Del Deserto, Steve Earle degli Afghan Whigs e Mike Callahan dei Disengaged. In otto canzoni, sintetiche ed essenziali, la band canalizza tutta l'energia dello stoner, privilegiando però l'approccio hard rock seventies, senza però disperdere energie in assoli e passaggi strumentali. Riff saturi, ma ben leggibili, una ritmica abbastanza fantasiosa e la voce di Garcia che appare meno ruvida e più melodica rispetto ai tempi della "sky valley", ecco il segreto di 'The Bottle', 'Alone', 'Landetta', Sr. Moreno's Intro, ottime canzoni, certo, ma due anni di attesa per meno di trenta minuti! (GDC)



SIDEBURN 'Trying To Burn The Sun' (Beard Of Stars)
Non è un caso se la Svezia, sin dagli anni ottanta, è in grado di proporre grande rock. Prima con Europe, Electric Boys e tanti altri ed oggi con la valanga stoner, guidata da gente ruvida e tosta come Grand Magus e Mammoth Volume. Il segreto è tale solo per chi non conosce il background storico di questa nazione, che da sempre ha aperto le porte ai tour più belli ed importanti degli anni settanta, ospitando gente del calibro di Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Deep Purple e tanti altri grandi nomi. Evidentemente quei tour hanno lasciato il segno ed il seme si è propagato anche attraverso gruppi come questi Sideburn, debuttanti di lusso nel filone stoner, che richiama però un certo hard rock essenzile e ruvido alla Cult di 'Sonic Temple' con una maggior attitudine ora psichedelica ora doom, come dimostrano grandi canzoni come 'Sideburn' e 'Trying To Burn The Sun', gemme che spiccano su un tabulato comunque notevole, come dimostra la splendida apertura di 'Planent Of Doom', 'Rainmaker' e la ballata seventies-orietend di'Sweet Love Of Youth' dal tocco quasi tribale. Non sempre i Sideburn risolvono le tante idee in modo omogeneo, ma forse è proprio per questa spontaneità, alcune volte dispersiva, che li preferirisco ad altri gruppi più chiacchierati, ma sin troppo prevedibili. (GDC)



PAWNSHOP 'Cruise'O'Mantic' (Beard Of Stars)
I norvegesi Pawnshop, dopo l'ottima accoglienza del debutto,giungono con questo COM al secondo album,hanno il pregio di non offendersi se vengono definiti gli eredi dei Kyuss. In fondo è quello che hanno sempre desiderato dal primo giorno che hanno edificato la band. Suoni, riff, cadenze e scrittura, tutto richiama alla band di Palm Spring, compresa la puzza di sudore e il gusto di birra incollato agli strumenti. Forse questo può essere un limite, ma quando si ascoltano 'Blissed Out' vorticosa apertura, 'Mean machine' dal wah wah impazzito, 'Las Vegas', 'Space Cadillacs', 'Baby Bitch', 'Living Zombie', tutte con quell'andatura polverosa, che di tanto in tanto si impenna in psichedelia, a metà tra road movie e commedie porno alla Russ Mayer, si capisce che non ci sarebbe altro modo di esprimersi per i Pawnshop, quattro ragazzi innamorati di macchine, donne e rock ad alto voltaggio. Apparentemente una banalità, ma quando manca l'attitudine tutto diventa noiso ed inutile. E qui invece l'attitudine trabocca! (GDC)


NIGHT CLOUD 'Night Cloud' (Selfpr/Beard Of Stars)
MiniCD di debutto che in cinque canzoni ci mostra una band ancora stilisticamente indefinita e con evidenti limiti compositivi. Il tastierista Simone Piccolini, appare l'elemento più maturo, su cui edificare ambizione future. Per il resto siamo di fronte ad una band molto giovane e che avrebbe fatto bene a cercare maggior coesione, prima di produrre un CD, che poteva essere invece un discreto demo tape. (GDC)


KELLY SIMONZ'S BLINDFAITH 'Sign Of The Times' (Lion Music/Frontiers)
Gran bel disco di heavy metal classicheggiante, come amava fare il primo Malmsteen, con Kelly Simonz che canta e suona tutti gli strumenti!! Giapponese di origine, Kelly si dimostra un guitar hero notevole, con un buon gusto anche nella scelta dei suoni. Le canzoni forse non saranno originali, ma sicuranete molto belle e l'impatto è notevole. Ripeto, se siete innamorati del primo Malmsteen, vi assicuro che questo è un album assolutamente imperdibile! (GDC)

clikka quì ed ascolta una clip dell'album


ZOOL 'Zool' (Lucretia)
Prima dell'heavy metal epico come lo intendiamo oggi, c'erano i Rainbow di Blackmore/RJ Dio e poi i Dio del primo periodo. Questi Zool ne riprendono in pieno l'enfasi, senza spingersi verso il metal piatto di oggi, ma con le modalità compositive dei nomi citati. Non a caso dietro gli Zool troviamo il cantante ed il chitarrista dei Moahani Moahna, una delle band che meglio ha espresso lo stile di Rainbow/Dio. In dieci canzoni, gli Zool faranno la gioia di chi ama il primo epic metal, con liriche e melodie così semplici, da apparire geniali! Disco notevole! (GDC)


The SPITFIRES 'Three' (TSB Rec/White'n'Black)
C'è più genuinità punk in questi quarantacinque minuti che in decine di dischetti propagandati da mass media americani di quel fasullo suono che sembra pop da classiifca con la chitarra elettrica stonata. Grandi davvero questi cinque candesi DOC che hanno tutto per essere sinceri: l'età di chi il punk non lo vede come una moda e una serie di canzoni notevoli, tra garage, punk e buone meldoie. 'Trapped In The Dark' e 'Stuck In My Ways' dimostrano che questa è davvero una grande punk rock band! (GDC)

THE SPACE COWBOYS 'High Energy Race' (TSB/White'n'Black)
Esiste da sempre un modo di concepire il r'n'r che supera le mode, che non si lega a aperiodi particolari. Indipendentemente da quello che sta funzionando in classica, ci sarà sempre qualcuno che attacca un jack all'amplificatore, alza il volume e suona con il sudore. Niente di più. Questi Space Cowboys, con il lroo vent'anni e i loro ciuffi sprochi di sudore e sigarette, sono un concentrato di Stooges, Dead Boys e Motorhead, ed hanno un'attitudine garage che spazza via ogni dubbio e ci convince che siamo al cospetto di una vera rock band. Cosa si rimproverà al rock di oggi? Di essere prevedibile e laccato. Ebbene in 'High Energy Race' di prevedibile c'è solo l'energia, il resto suona ruvido, sgraziato e rumoroso, proprio quello che il rock delle origini voleva essere: bastardo e sporco. Trentadue minuti di assoluta e lasciva purezza elettrica. La bellezza lasciamola agli altri! (GDC)


THE MAKERS 'Strangest Parade' (Sub Pop/White'n'Black)
Con un'immagine che rievoca New York Dolls, Marc Bolan e David Bowie, i The Makers raggiungono la meta del settimo album (!) ed io posso tranquilalmente dire di non averli mai sentiti prima d'ora!!! Dieci canzoni più tre intermezzi per un album che suona sixties, con tanto di coretti, nelle melodie compositive e glam nelle parti vocali, sulla scia del David Bowie dell'era Ziggy Stardust. Confesso che ho subito un fascino immediato all'ascolto di 'SP', per poi avere una sorta di ripensamento ed infine, dopo il dovuto approfondimento, il giudizio si è stabilizzato. Posso quindi confermarvi che i Makers hanno confezionato un bel disco, dal fascino decadente, a cui forse manca un po' di mordente (Ma ho letto che i dischi precedenti erano più rock!), un po' come se Brian Ferry cantasse i T-Rex, ma che nell'insiemne è certamente originale, se confrontato con i tanti stereotipi che invadono il mercato discografico. 'Calling Elvis, John and Jesus' (Che titolo!), 'Calling My Name' e 'Suicide Blues' sono i brani più belli e di maggir spessore, per un disco nell'insieme gradevole, che ha nella splendida 'Concert Of Colors' il suo momento più ispirato! (GDC)



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