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COLLABORA CON NOI

AXE

… IN THE NAME OF ROCK!!!

intervista by Giordano Argento e Max Carli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo studio di registrazione come una bottega artigiana. Il musicista visto non come il genio illuminato da chissà quale ispirazione, ma come un lavoratore come tanti altri che negli anni affina la sua arte e attraverso essa riesce a manifestare la propria personalità, ad esprimere sé stesso e le sue opinioni. L’onestà e la passione anteposte a qualsiasi calcolo commerciale e l’orgoglio di poter dire “I did it my way, but I’m still here, alive and kickin’!”. Questo e molto altro è ciò che emerge dalla nostra chiacchierata con Bobby Barth, leader degli inossidabili Axe (provare il recente “The Crown” per credere!), ma soprattutto uomo che ha vissuto e continua a vivere sotto il segno del rock, con una coerenza e una professionalità che esprime in ogni sua attività (musicista, produttore, discografico…). Sono questi i nostri compagni di viaggio più cari, nel lungo cammino sulle strade del rock; persone che anche senza aver mai raccolto il grande successo economico, o avendolo solo sfiorato con un singolo nei “dorati” eighties, hanno dato e continuano a dare moltissimo… IN THE NAME OF ROCK!!!

Parliamo dell’ultimo disco. Secondo me avevate davvero qualcosa da dire in queste dieci tracce, qualcosa che si chiama rabbia, speranza, orgoglio…

"Sì, penso che si tratti di un po’ tutte queste cose. Siamo sulla scena da tantissimo tempo e trovo impossibile scrivere ed interpretare canzoni su argomenti come l’ubriacarsi o l’andare a letto. Per essere soddisfatti di quello che scriviamo deve trattarsi di qualcosa che abbia un significato per noi. E sicuramente siamo molto orgogliosi di essere in giro da tutti questi anni."

In ogni caso, si tratta di un ottimo disco di rock melodico molto potente. Pare che nonostante il passare degli anni la fiamma bruci ancora, viva quanto mai…

"Ritengo che quando lavori con un gruppo di persone che ha speso la maggior parte della propria vita imparando a scrivere canzoni e ad incidere dischi sei destinato a crescere e a migliorarti. Non so se i primi Axe avessero tanto talento, ma col passare del tempo abbiamo imparato il nostro mestiere e a questo punto siamo migliori di quanto non siamo mai stati."

Tu sei un ottimo compositore, ma sei anche un produttore. Qual è il produttore ideale per il Bobby Barth musicista e che tipo di produttore cerchi di essere quando passi dall’altra parte della consolle?

"Come produttore credo di portare qualcosa di diverso sulla consolle. Non ho iniziato a produrre se non dopo aver inciso non meno di dodici dischi come artista. Ho avuto la possibilità di lavorare con alcuni dei migliori produttori di tutti i tempi e con qualche idiota. Ho imparato da ognuno di loro ho conosco a fondo cosa porta un disco a suonare come tale e non come un demo. Troppe bands oggigiorno fanno uscire dei lavori che non considererei nemmeno dei cattivi demo. Nel bene o nel male, io questo non lo farò mai. Come compositore, penso che sia un mestiere come un altro, in cui si migliora andando avanti e io sto procedendo da molto tempo."

Suonare rock melodico ti da… “a shitload of fun!” Cos’altro? Temo che non ti darà il successo che meriteresti…

"Non penso assolutamente più al successo. Non ho mai aspirato a divenire il prossimo Beatles, ma sono riuscito a spendere la mia vita facendo esattamente ciò che desideravo. Ho girato il mondo un po’ di volte e ho visto il meglio e il peggio, cosa puoi chiedere di più?"

Sul disco c’è una splendida blues song, “Sunshine again”, che è indicata come “Mario’s song”. Si tratta per caso di una dedica a Mario Lehmann, o ai nostri Serafino perugini e Mario Del Riso, per la loro battaglia a favore del rock melodico?

"Nel mio tempo libero suono con una band di rock blues sudista chiamata The Red Rock Roosters. Questa è una canzone che ho scritto per loro, ma che ho deciso invece di inserire nel disco degli Axe."

Qual è, secondo te il vostro album più rappresentativo e quale quello a cui sei più affezionato?

"Ogni disco è rappresentativo del periodo in cui è stato scritto e inciso. Non abbiamo mai cercato di suonare quello che “tirava” sul mercato, ma solo ciò che ci sembrava giusto. Considero “The Crown” il mio disco preferito perché affronta molte questioni sulle quali desideravo pronunciarmi."

Ci racconteresti qualcosa sulle tue esperienze con i Blackfoot e con Angry Anderson?

"Bei tempi! Ho avuto l’opportunità di suonare sia con la formazione originale dei Blackfoot, sia con quella riformata. Mi è stata data la possibilità di farlo senza sentirmi addosso tutta la pressione di essere il frontman di una grande band. Angry è una della persone che più rispetto al mondo. Egli è in parte responsabile della mia visione del mondo e gli devo molto."

Qual è il tuo ricordo più caro legato a Mike Osbourne? 

"Che mi faceva morir dal ridere. Anche senza volerlo, sapeva risollevarmi. Era un uomo garbato, molto buono e generoso. Si prendeva cura di me come un fratello quando passavo dei momenti difficili. Lo rimpiango ogni giorno."

Quale è stata la molla che ha portato alla reunion degli Axe?

"Una volta ben avviata la mia attività (Neh Records) e terminato di pagare lo studio, ho semplicemente pensato che sarebbe stato divertente riunirsi per un “unico disco”. Questo “unico disco” sono diventati quattro e continuerò finché mi divertirò."

Un’ultima domanda: ci puoi spiegare il pezzo di batteria che chiude il CD?

"Stavamo bevendo birra e abbiamo iniziato a cazzeggiare con la batteria. Pensavamo sarebbe stato divertente fare un vero brano di sole percussioni, ma non l’abbiamo mai finito, così abbiamo messo la traccia di batteria solo per il suo baccano."

(Giordano Argento e Max Carli)


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