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CLASSICS REWIEW
Il rock melodico, l'AOR (Adult Oriented Rock), l'FM rock o come dir si voglia, conta un pubblico fedele, attento e devoto, assolutamente incurante delle accuse di immobilismo creativo che gran parte della critica e del pubblico trendista spedisce verso questo genere di musica, che ha una sola, ma fondamentale pretesa: farsi ascoltare con semplicità e piacere. Questo special di "AOR /Fm Rock ", è stata una rubrica fedele che ci ha accompagnato sin dal primo numero di Andromeda Magazine, e dimostra che il calderone a cui attingere è infinito. E il nostro divertimento è continuare a rovistare tra la polvere della nostre collezioni. Responsabilità di Gianni Della Cioppa IAN LLOYD TOWER MAX CARL BOULDER DIXON HOUSE BAND MOSE JONES RICK CUA HOTEL HUNGER BRIAN MACDONALD GROUP DA VINCI HEADPINS THE ARROW CINEMA FACE NO DICE
IAN LLOYD '3WC*' (Scotti Brothers, 1980) Per qualche strana ragione, forse di immagine, forse di convinzione, Ian Lloyd è rimasto sempre fuori dal grande giro delle AOR stars. E questo nonostante avesse un gusto fine e vincente, nello scegliersi i collaboratori e le cover da proporre. Pere aiutarlo si sono mossi in tantissimi, ma come non ha mai raggiunto la popolarità che le sue interpretazioni certamente meritavano. Per il suo debutto solista 'Ian Lloyd' si è mosso persino David Byron in veste di ospite, ma Jimmy Crespo, Lou Gramm, Bruce Fairbairn, Ric Ocasek, Jim Vallance sono solo alcuni dei nomi famosi che hanno prestato il loro talento al nostro, per sdebitarsi verso il loro scopritore o solo perché in studio ha fornito l'idea vincente a qualche brano che stagnava. Infatti lo zampino di Ian Lloyd lo troviamo nei Foreigner, nei Cars ed in tanti altri gruppi AOR americani dell'epoca. Dopo 'Ian Lloyd' del 1976 è arrivato 'Goose Bumps' nel 1979 ed un anno dopo questo '3WC*', il suo disco più bello e maturo, con il solito spiegamento di amici da Brian Adams a Paul Dean dei Loverboy. I compositori sono tantissimi e tutti bravi. E si sente! Musicista e disco da rivalutare assolutamente. TOWER 'Titan' (Dureco Benelux, 1982) È per dischi come questo che continuo a cercare nomi nuovi nella polvere di magazzini dimenticati, di negozi in disuso, di privati che vogliono disfarsi di intere collezioni. Una copertina orribile, montata anche al contrario, un'immagine non immagine, titoli anonimi. Poi lo ascolti e rimani ucciso. Rock sinfonico, con una sezione di violini costantemente presente, arrangiamenti pomposi e volutamente melodici all'eccesso, in una sorta di Meat Loaf mescolati agli Abba e ai Blondie ed una voce femminile non potente, ma gradevole nel trascinare i fiumi di melodie che addobbano 'Titan', 'Get Back', 'Moon', 'Space Man', 'See You Tonight'. Poche parole a buon intenditore, questo è veramente un piccolo capolavoro di pomp metal sconosciuto. Buona caccia! MAX CARL 'Circle' (MCA, 1985) Max Gronental è attivo sin dai primi anni settanta negli Energy del futuro Deep Purple Tommy Bolin, poi suona e collabora con la DFK Band e con il rocker Jimmy Mack e scrive canzoni per artisti di successo. Nel 1979 tenta la carta solista, replicando un anno dopo, ma deve attendere il 1985 per ricevere i primi meritati consensi. Assume il nome d'arte di Max Carl e scrive un album di magnifico hard rock melodico, fortemente imbevuto di AOR, con una vocalità straordinaria capace di toccare l'emotività di Billy joel nelle rimbriche basse e di sfidare il Mark Free dei Signal bnegli acuti. Il disco ha molti episodi degni di nota, da 'The Lion Kills The Sparrow' a 'The Circle', a 'Strategic Land' e 'Timing', tutti ottimi e capaci di delineare 'The Circle' come un album degno dei classici sconosciuti del rock melodico americano degli eighties. L'album non avrà il successo sperato, ma permetterà a Max di sostituire, con ottimi risultati, Dan Barnes negli storici 38 Special, dove risulterà determinante nella stesura di 'Rock & Roll Strategy' del 1988. Disco non facile da reperire, ma che tutti gli innamorati del rock singers (Donnie Miller, Lance Keltner, Stan Bush, ) debbono avere. Inoltre il buon Max Carl oggi ha l'onore di sostituire addirittura Mark Farner nei riformati Grand Funk Railroad che anche se non hanno dischi in programma, dal vivo hanno la stessa carica adrenalinica di un tempo! BOULDER 'Boulder' (Elektra, 1979) Uno dei tanti gruppi che si sono affacciati nel panorama del rock melodico americano sul finire degli anni settanta, alla disperata ricerca un minimo di visibilità è questo dei Boulder. Il sogno finì ben presto, visto che l'omonimo debutto rimane anche l'unica opera di questa band con sede operativa a New York. I motivi di interesse, oltre quello collezionistico per i maniaci del genere, rimangono racchiusi in alcuni buone canzoni, tra cui l'iniziale 'Join Me In L.A.', rifacimento di un brano di Warren Zevon (!!), il refrain di 'Winner Takes All', qualche indovinato passaggio elettroacustico e la presenza di un giovanissimo Stan Bush, in veste di chitarrista, mentre il ruolo di cantante è di Bob Harris, bravo e leader del gruppo e quindi nella posizione di zittire il talento di Stan, prossimo a rivelarsi con una buona carriera solista. Carriera ripresa negli ultimi anni, dopo un lungo periodo di silenzio. Disco per completisti! DIXON HOUSE BAND 'Fighting Alone' (Infinity Records, 1979) 'Fighting Alone' è l'unica presenza discografica perla Dixon House Band, ma vi dico subito che è un album imperdibile, se fate parte della schiera degli AOR fans. Siamo davanti ad un'autentica sopresa dimenticato e sconosciuta, uno dei tanti piccoli capolavori di genere che sono morti prima ancora di vedere la luce. Non lascietvi ingannare dalle foto, la bella Chryssy Sheffts non è la cantante (ruolo magnificamente coperto dal leader Dixon House ch è anche il tastierista del gruppo), ma la chitarrista e se la cava decisamente bene. Per il resto ascoltiamo canzoni belle, ma davvero belle, con quel gusto vagamente southern, tipico delle'poca, dove la melodia aveva contaminato tutto dal pop (Boston), al rock duro (Journey), al pomp (Styx), al southern appunto (38 Special). 'Sooner Or Later', 'Crusader', 'Turn Around', 'Angela', Saracen Ride', 'The Promise', 'Fighting', sono piccole gemme che dimostrano anche un buona competenza strumentale ed un'abilità negli arrangiamenti che oggi si è persa, schiacciata da produzioni sempre più mastodontiche, ma che non lasciano spazio alla fantasia. MOSE JONES 'Blackbird' (RCA, 1978) Terzo ed ultimo disco per gli americani Mose Jones, uno di quei gruppi che fondeva hard rock melodico e pennallette southern, in un mix sempre sorretto da bellissime parti vocali. La band aveva debuttato nel 1974 con 'Mose Knows' dopo alcuni anni di gavetta, per poi riptersi a distanza di pochi mesi con 'Get Right' entrambi su etichetta MCA. L'insuccesso era costato il licenziamento ed una pausa di riflessione, di fatto mai tramutata in uno scioglimento vero e proprio. Dopo quattro lunghi anni esce questo 'Balckbird' che ruba il titolo ad una canzone dei Beatles, qui riproposta con un'ottima prestazione da parte del bassista/cantante Randy Lewis, che divideva con il tastierista Steve McRay la leadership vocale di Mose Jones; completano la formazione il batterista Chris Seymour ed il chitarrista Marvin Taylor, tutti e quattro nel tipico look hard rock americano dei seventies, con baffi e lunghe criniere. L'eleganza compositva del quartetto trova la maggior espressione in 'Do You Want Somebody', nel refrain raffinato di 'Ooh Baby' e nel rock di 'Something'S Wrong'. 'Blackbird' diventa l'epitaffio del gruppo, ma è un bel canto del cigno per chi ama sonorità hard imparentate con la melodia. RICK CUA 'You'Re My Road' (Sparrow, 1985) Dopo aver conosciuto gli eccessi del rock'n'roll con gli Outlaws, che pur non essendo delle stelle di prima grandezza, potevano vantare un giro femminile notevole ed una dedizione all'alcool e al fumo da far invidia a Joe Cocker, il bassista Rick Cua sceglie la strada del cristianesimo e dedica l'intera carriera solista a tessere le lodi alla religione cattolica. Il debutto è del 1982 con l'album 'Koo'Ah', seguito da questo bellissimo 'You'Re My Road', una sorta di pomp rock, con evidenti richiami a Styx e Balance, con canzoni energiche, ma fortemente melodiche. L'apertura di 'Don'T Say Suicide', la dice lunga sui contenuti dei testi, come confermano la title track e la dolce 'One Child In Pain', seguita dall'efficace ritornello di 'Wa Are The Chosen'. Il primo lato si chiude con l'eccellente radio rock di 'You'Ve Only Got One Life'. Non da meno la seconda parte, introdotta da 'House Calls' e rafforzata da piccole gemme come 'Runaway', 'We Are Yours' cantata in un duetto splendido da Rick e Wendy Weldman, 'The Old Man' e per finire 'Can'T Stop' con una cadenza che non si dimentica. Rick Cua si ripetere con l'eccellente 'Wear Your Colors' del 196, per poi mantenere una buona qualità media, circondato dagli amici di sempre, legati come lui al giro del christian metal! HOTEL HUNGER 'This Is Where The Fun Starts' (Megaforce, 1989) Per qualche anno abbiamo creduto un po' tutti (Parlo di chi c'era, ovviamente -nda) che l'AOR potesse diventare il genere trainante della classifiche mondiali. E dobbiamo dire che tra Bon Jovi, Europe, Toto e qualche impennata saltuaria del nome minore di turno, ci eravamo illusi. Oggi ricordiamo con nostalgia ed anche una punta di rimpianto quegli anni dove circolava davvero tanta buona musica melodica. Un esempio di tutto ciò arriva da questi danesi Hotel Hunger autori di un suono davvero bello, in bilico tra rock acustico, AOR classico e certe armonie epiche alla U2/Alarm/Simple Minds, soprattutto grazie alla voce alla Bono/Jim Kerr di Jimmy Jorgensen. Questo 'TIWTFS' è una piccola gemma di rock equilibrato, trascinato da bellissime melodie, da una produzione brillante e rotonda, mai pesante, con una serie di canzoni stupende. Difficile davvero scegliere gli episodi migliori, 'Living On A Rock', 'Give Me Love', 'Sally', 'Meat Town' meritano tutte un plauso, ma forse alle armoinie sognanti di 'Dying Once Again' va la priorità. Gli Hotel Hunger vivranno, anche sotto altri nomi, annate buone. Mi raccomando: non dimenticate di aggiungerli nella vostra "AOR-wanted list". BRIAN McDONALD GROUP 'Desperate Business' (Columbia, 1987) Sotto la regia di Beau Hill questo biondo rocker aveva sognato di superare gli ostacoli di un "business disperato", ma nostante la qualità di questa unica opera le cose sono andate diversamente. Il disco ha ospiti importanti come Fiona Flanagan, il chitarrista dei Winger Rob Beach, un lotto di canzoni di indubbio spessore come 'This Lonely Heart', 'Just Imagination', 'Back Home Again', 'These Are The Good Times', 'Stay With Me', tutti ottimi esempi di AOR grintoso e coinvolgente, inoltre il nostro Brian aveva un look perfetto ed il periodo era ideale per questo tipo di rock melodico. Ma tutti questi elementi non sono stati sufficienti ad evitare l'eclissamento della band e a destinare 'Desperate Business' nel lungo elenco delle gemme da culto. DA VINCI 'Back In Business' (Mercury, 1989) Anche se vi diranno che la gemma dei Da Vinci è il debutto omonimo del 1987, voi non credetegli. Il vero capolavoro di questo quintetto norvegese, un concentrato di puro e sgargiante AOR è la replica, degno a livello melodico degli Europe più ispirati, con la voce di Lars Aass capace di emulare il miglior Joey Tempest. Il disco in questione è un sussegurisi di grandi canzoni AOR con puntate nell'hard rock classico, ma ovviamente molto più melodico. 'Call Me A Liar', 'Young Hearts', 'Turn Down The Lights', 'Pink Champagne', 'Circus Maximus', 'Last Time' hanno una classe unica e le riascoltiamo sempre volentieri. Il suono e la produzione sono quelli tipici della scena nordica di quegli anni, sulla linea di Dalton, Talk Of The Town, Glory e tanti altri gruppi che ci hanno emozionato. All'epoca tutti eravamo innamorati di questo sound, poi con l'arrivo del grunge, del black rock e del rap metal, siamo diventati un po' snob, quasi a voler rinnegare quelle melodie. Oggi che il tempo ha messo a posto ogni cosa, le rimpiangiamo con una punta di malinconia. E non è solo nostalgia per il tempo che passa. La realtà è che dischi come 'Back In Business' sono belli, ma belli davvero! HEADPINS 'Turn It Loud' (Solid Gold, 1982) HEADPINS 'Line Of Fire' (Solid Gold, 1983) HEADPINS 'Hgead Over Heels' (MCA, 1985) Inizialmente doveva essere un progetto di studio di Brain MacLeod dei Chilliwack, ma le vendite dell'esordio 'TIL' vanno oltre le previsoni e così questi Headpins diventano una band vera e propria. Merito di ottime canzoni e della voce aggressiva ed altissima di Derby Mills e del suo fisico stupendo da 'california girl', (anche se la band è canadese, ma davanti alle curve di Derby nessuno gaurda queste sottigliezze). Gli Headpins si impongono grazie ad un hard rock melodico, a metà tra Brian Adams e Night Ranger, dando garanzia di solidità compositiva in ogni brano, arrivando a centarre tre dischi su tre. Chiuderanno la carriera solo per le velleità solistiche della cantante che quando canta 'Feel It (Feel My Body)', 'Hot Stuff' (!!!!!) e 'Just One More Time' è più credibile di cento pornodive!! The ARROWS 'Stand Back' (A & M, 1984) Disco considerato bello nei circuiti AOR non perché sia raro, come in effetti è, ma perché in effetti è molto bello. Ma cosa differenzia i canadesi Arrows dalle tante AOR cult band del pianeta? Fondamentalmente sono tra i pochi che fanno uso regolarmente di una sezione di fiati, con un sax sempre attivo, ora pimpante ora malinconico. Ottima anche la voce emotiva di Dean McTaggart che divide con il produttore David Tyson la responsabilità compositiva delle nove canzoni di questo album. Il tastierista Rob Gusevs, il sax di Earl Seymour e la chitarra di Doug Macaskill completano la formazione che per quanto riguarda la sezione ritmica si affida a dei turnisti. 'Stand Back' è una testimonianza fervida di come si possa suonare AOR senza perdersi in melodie paludose e fuori luogo, ma rimanere solidamente attaccati a dei canoni, che poi diventano i cardini della bellezza di 'Meet Me In The Middle', 'Say It Isn'T True', 'Fallen Angel', 'Enough IS Never Enough' e la bellissima 'Never Be Another One'. Come tanti colleghi anche gli Arrows finiranno con lo scomparire con il sogno di notorietà che covavano dentro; ci resta questa mancita di canzoni. Manna dal cielo per chi ama il rock melodico. CINEMA FACE 'Cinema Face' ( Bizzarro e godibile album, questa unica testimonianza dei Cinema Fce è l'ennesima conferma che la scena candese in fatto di rock melodico è stata in assoluto se non la più prolifica, battuta solo dal colosso statunitense, sicuramente quella con il rapporto più alto tra quantità e qualità. I Cinema Face sono di fatto la creatura di Frank La Magna, cantante/chitarrista e tastierista del quartetto, completato da randy Infuso alla batteria, armin Hart alle tastiere e Darryl Peterson al basso. Frank scrive tutti i pezzi con uno stile teatrale, proprio come amava presentarsi in scena, con un trucco da mino con tanto di petto villoso alla Paul Stanley d'annata. Uno stile teatrale, pomposo e vocalmente vicino agli Styx più corali, con una ricerca della melodia vincente e quindi adatta alla forma canzone. Infatti i Cinema Face hanno parti strumenatli belle, ma asciutte che si fanno ascoltare con gusto sin dal primo ascolto. Il vinile è molto raro, ma nel 1994 è stato ristampato in CD dalla Pacemaker. NO DICE '2 Faced' (EMI, 1979) I No Dice hanno pubblicato due soli album, il primo omonimo nel 1977 e questo '2 Faced' due anni più tardi. Lo stile del quintetto è un FM pop rock venato di west coast, un po' come se gli Eagles avessero suonato più hard o come se i primi Journey avessero suonato più 'easy listening' o come se i Clash facessero cover dei Rolling Stones. Giovani e carini (Oggi disoccupati? -nda) i No Dice, sotto la guida del produttore/arrangiatore Rupert Holmes, hanno anche cercato di ruggire sulle chitarre, ma la loro energia è sempre finalizzata alla canzone e così ne viene fuori un rock elastico, perfetto per le esibizioni dal vivo, con ritornelli elastici e quella voglia di divertimento tipicamente adolescenziale. I No Dice, con la voce di Roger Feris, tanta valida quanto scadente la sua immagine, hanno pagato, come molti, la mancata adesione stilistica ad un credo fisso - no punk, no hard, no new wave - in un periodo dove, spenta la fantasia creativa del progressive, era assolutamente vietato non schierarsi.
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