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CLASSICS REWIEW
HURRICANE JAG PANZER CIRITH UNGOL IRON MAIDEN SHANGAI
HURRICANE 'Slave To The Thrill' (Enigma, 1990) Una delle band americane più interessanti di hard melodico. Questo loro terzo lavoro segue lo stupendo Over The Edge, e anche se non ne raggiunge lapice è comunque una prova indiscussa del talento della band. Già in questo album erano comunque giunte delle defezioni, il buon Sarzo era stato sostituito dallex Lion Doug Aldrich, ma in sostanza il suono della band non ne aveva risentito. Come detto precedentemente, non era facile dare un seguito di ugual portata allormai leggendario Over The Edge, ma almeno in parte gli Hurricane hanno colto nel segno. Certo non è un album ricco di originalità ma la formula di hard melodico è comunque convincente e ricca di spunti di qualità. Ancor oggi le song sono fresche e veloci, in poche parole non risentono del tempo che passa e spesso decreta o meno la qualità di un prodotto. Reign Of Love , Next To You ,Young Man non potranno certo cambiare il mondo del rock, ma sono sicuramente canzoni storiche dellhard melodico a stelle e strisce. Kelly Hansen è il vocalist tipo per queste sonorità, e a detta di molti è ancor oggi (è da poco uscito il nuovo Hurricane Liquifury per la nostrana Frontiers ) il numero 1 in campo hard melodico. Dirompente la Temptation che apre la seconda parte di Slave, con un inizio degno dei classici di House Of Lords, tutte le song sono comunque dotate di talento e difficilmente potrete restare insensibili al fascino immediato di questo platter. Sono daccordo con chi dice che troppo hard melodico era banale e privo di spunti personali, ma gli Hurricane erano e forse lo sono ancora dei talenti indiscussi nel proporre melodie potenti che entrano con decisione nelle nostre teste. Per me rimangono un ricordo bellissimo del periodo doro dellhard melodico, per chi non li conosce sarebbe ora di cercare i loro album. (Massimo Bettinazzi) JAG PANZER 'Ample Destruction' (Iron Works, 1984) Ancora attivi e tuttora capaci di autentici capolavori come il penultimo 'Thane To The Throne' (2000), i Jag Panzer non vanno assolutamente confusi con lattuale massa di power bands che, pur talvolta con buoni lavori, sbandierano il loro amore per gli anni 80 citandone solo gli stereotipi più evidenti. Loro, al pari di altri monumenti quali Cirith Ungol, Manilla Road o Warlord, di quel periodo sono stati protagonisti e preziosa testimonianza della loro carriera è questo 'Ample Destruction', che giunge sul mercato nel 1984 dopo un mini Lp omonimo (ma conosciuto anche come 'Tyrants') dell anno prima. Fondendo l enorme forza durto del lavoro precedente, ancora un po acerbo, con una maggiore raffinatezza compositiva ed un più elevato tasso tecnico (si aggiunge alla line-up il guitar-hero Joey Tafolla), il gruppo del Colorado forgia nove brani di metallo rovente impregnati di maestosità e di sacro furore bellico. Sugli scudi, allora come adesso, sta una coppia di asce in grado, tanto di prodursi in riff laceranti, quanto in suggestivi barocchismi e, soprattutto, la potentissima voce di Harry "Tyrant" Conklin, imperiosa e feroce, istrionica e suadente, sempre capace di asservire i brani alle sue linee melodiche mai banali e spesso sopra le righe. Fin dallopener 'Licensed to Kill' si viene spinti in pieno campo di battaglia fra eroiche cavalcate e cupi scenari apocalittici e si prosegue senza alcun cedimento fino alla conclusiva 'The Crucifix', mini suite che riassume il Jag Panzer sound in una perfetta alchimia di atmosfere orrorifiche alla M.Fate, epicità maideniana e puro impatto frontale a stelle e strisce. Purtroppo questioni di diritti impediscono (almeno finora) nuove ristampe di questo album, spero tuttavia che questo non scoraggi la vostra ricerca. (Salvatore Fallucca) CIRITH UNGOL 'Servants Of Chaos' (Metal Blade, 2001) Quello in questione è un doppio Cd di recentissima pubblicazione, ma nondimeno mi è sembrato opportuno dedicargli il più ampio spazio riservato alle "relics" per la sua particolare natura retrospettiva e per tributare un, pur piccolo, omaggio alla memoria di Jerry Fogle, scomparso chitarrista del gruppo californiano. Nelle oltre due ore di musica qui proposteci si ripercorre la ventennale carriera della band attraverso inediti, rarità ed alternative versions (da demo e dal vivo) di loro brani già presenti su disco, il tutto con il dettagliato commento traccia per traccia da parte del batterista Robert Garven e dell originario chitarrista/tastierista Greg Lindstrom. La qualità audio è spesso discutibile ma ciò, a mio avviso, perde importanza di fronte al valore storico di queste incisioni, che confermano i Cirith Ungol quali pionieri e maestri del più puro ed ossianico epic metal, ribadendone al contempo l assoluta originalità ed estraneità a qualsivoglia cliché. Siamo lontani dalla prevedibilità dell attuale power/epic che, sforzandosi di emulare i modelli degli anni 80, non fa che crearne un simulacro monodimensionale. I Cirith Ungol (ma il discorso vale per molti protagonisti del metalrama di due decenni fa) hanno un suono squisitamente eighties, ma questo è frutto del loro background, ben radicato nell hard, nel progressive e nella psichedelia degli anni 60/70, che gli consente soluzioni stilistiche e spettri sonori rriproducibili da chi di quel background è privo. Tutto ciò è particolarmente evidente nel primo dei due Cd, dove troviamo ben 16 tracks (quasi tutte inedite) riselenti al periodo 78/81, in cui la sulfurea epicità ungoliana, fatta di vocals lancinanti (davvero assassine per l epoca), immaginifico guitar-work e plumbee linee di basso, viene arricchita dai sintetizzatori di Lindstrom che danno alle partiture un inedito flavour prog. misticheggiante. Sul secondo Cd si segnalano invece l aggressiva "Death of the Sun", presa dal primo volume di "Metal Massacre", nonché le primitive versioni di alcuni pezzi poi apparsi sull album "Paradise Lost" (fra cui una strepitosa cover di "Fire" di Arthur Brown), ed infine degli ottimi estratti live del periodo "King of the Dead", con il compianto J.Fogle a sfoggiare il suo talento ed un gusto melodico indubbiamente sui generis. Se amate il vero heavy metal epico con la sua sobria drammaticità e la sua oscura forza visionaria ogni altra parola è superflua . (Salvatore Fallucca) IRON MAIDEN Killers(EMI, 1981) Protagonisti assoluti della NWOBHM gli Iron Maiden, che si erano presentati nel 1980 con lesordio omonimo (un album a dir poco epocale), con Killers diedero unidentità definitiva alla rinascita del rock duro, estremo, irrobustendo ulteriormente certe sonorità già caratteristiche negli anni settanta e presentando ritmiche debordanti che davano ai brani unirruenza ed unenergia per lepoca devastanti! Lheavy metal diveniva maturo soprattutto grazie a questo album uscito nel 1981, un lavoro veramente esplosivo, senza freni, assolutamente una pietra miliare, unuscita che probabilmente significò per il movimento metal nascente, quello che aveva significato undici anni prima In Rock dei Deep Purple per il decennio che stava iniziando! Tutto in Killers era perfetto e al di là di un discorso prettamente musicale, anche la copertina dellalbum risultò indubbiamente la più riuscita e rese decisamente lidea di quello che sarebbe scaturito dai solchi dellL.P. La band di Steve Harris e soci, conscia di aver esordito un anno prima in modo inequivocabilmente "rumoroso" e di trovarsi, assieme a pochi altri nomi, alla guida di un nuovo movimento musicale, pigiò ulteriormente il piede sullacceleratore e fece capire alle nuove orde di metal fans che i veri killers erano loro cinque e che il loro album sarebbe divenuto il nuovo termine di paragone per molti anni a seguire. Il bersaglio fu centrato in pieno e, col senno di poi, ancor oggi, a ventanni esatti dalla sua uscita, Killers è considerato da fans e critica una delle vette assolute nella storia dellheavy metal. Lapertura con la strumentale The Ides Of March dava subito fuoco alle polveri e la carica dirompente di Wrathchild, una cavalcata sorretta dal basso imperioso di Steve Harris, lasciava un segno indelebile. Murders In The Rue Morgue risultava addirittura travolgente e si era solo allinizio; le accelerazioni di Another Life, della strepitosa strumentale Genghis Khan e di Innocent Exile lasciano ancor oggi senza fiato (immaginatevi questi brani ascoltati nel 1981...Gianni ne sa qualcosa)! Sul lato B, la title track si abbatteva sui timpani come una folgore e finalmente il lento Prodigal Son distendeva per un attimo latmosfera per poi lasciare la chiusura a Purgatory e Drifter altre due killer songs che mettevano il sigillo su un album a dir poco storico. Che aggiungere ancora...io con Killers (sentito solo qualche anno dopo la sua uscita) ho iniziato ad ascoltare e ad apprezzare anche lheavy metal (il classico hard anni settanta lavevo già metabolizzato fin da giovanissimo), dopo questa "scoperta" i miei timpani hanno iniziato veramente a soffrire e non sono ancora appagati. (Roberto Zingarlini)
SHANGHAI 'Take Another Bite' (Rock Park Japan, 1991) Li ho rivisti recentemente in vetrina con un nuovo album questi americani Shanghai, viziosi glamsters che conobbero un momento di notorietà all'inizio degli anni novanta, proprio quando il party rock stava morendo, sommerso dall'uragano grunge. Ieri come oggi, la produzione è affidata a James Christian (Il mixaggio a Jeff cannata), cantante degli House Of Lords di Gregg Giuffria e diventa difficile pensare cosa c'entri la classe e l'eleganza di James con la spacconeria e le pose plastiche di questi quattro glamour boys, così calati nel loro ruolo di sciupafemnmine che alla fine li guardi quasi con invidia. Nei trenta minuti di questo album, per un totale di nove canzoni, c'è veramente tutto quello che il glam anni ottanta, di matrice americana (Poison, Britny Fox ), voleva dire: testi ambigui ed elastici, cantati da bambolotti del sesso e ritornelli di una semplicità disarmante, che si amano proprio per questo. Se poi aggiungete la provocante foto di copertina (C'è poco da fare o dire, un bel culo di donna fa sempre un bell'effetto!!), capirete il perchè questi Shanghai avevano scardinato le porte del successo in Giappone, un paese sempre disponibile a regalare soddisfazioni a chi vive il rock sulla propria pelle. Il booklet originale giapponese riporta delle schede personali e delle brevi interviste ad ogni componente del gruppo. Ne vengono fuori delle belle! (Gianni Della Cioppa)
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Rewiew by Massimo Bettinazzi,Salvatore Falluca,Roberto Zingarlini,Gianni Della Cioppa by Andromeda
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